I nostri sentimenti nascono sul confine misterioso dove si toccano e si confondono il corpo e l’anima. Sono sfuggenti e non si lasciano dominare facilmente dalla nostra volontà. È necessario un alto grado di maturità e di dominio personale per negoziare con loro e allinearli alle nostre convinzioni e motivazioni. La lenta educazione dei nostri sentimenti richiede anche, inoltre, un nutrimento adeguato. La psicologia cognitiva ha mostrato la profonda connessione tra pensieri, sentimenti e comportamenti. Perché i nostri sentimenti siano positivi e ispirino atteggiamenti e azioni, anche positive, bisogna alimentarli con pensieri positivi. A questo livello giocano un ruolo molto rilevante le buone notizie.
Secondo il Vangelo di san Luca, mentre Gesù nasceva a Betlemme, c’erano «alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge». Il fatto di dormire all’aperto allude alla povertà in cui vivevano questi uomini; evoca un’esistenza vulnerabile, esposta alle inclemenze della vita. Loro rappresentano in certo modo, quelli che vivono oggi all’aperto, in un mondo poco amichevole, per non dire ostile, ed esposti al rigore di un’esistenza piena di paure, oscurità, ingiustizie, mancanza di amore, dimenticanza ed emarginazione. Non stupisce che i sentimenti di tali persone vadano sulla strada dell’amarezza, senza altra meta che un futuro triste e incerto.
Per cambiare percorso, i sentimenti hanno bisogno a volte di una grande notizia. Ed è stata grande quella che un angelo ha portato ai pastori nella notte di Natale: «Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo». Il fatto che l’angelo abbia detto “una grande gioia” e non “una grande notizia” è interessante. Non significa solo che “notizia” e “gioia” diventano proprio sinonimi quando si annuncia Gesù; significa anche che la gioia cristiana è comunicabile perché tocca una fibra essenziale dell’esistenza umana, che è la necessità di salvezza: «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore».
In altre parole, l’angelo ha annunciato ai pastori il fatto che la misericordia di Dio, in quella notte, era divenuta accessibile perché si è fatto carne, si è reso visibile, tangibile. A partire da quel momento, sarà una Misericordia capace di parlare, di toccare, di curare, di alimentare, di insegnare, di commuovere, di risuscitare ogni essere umano.
L’angelo che portò l’annuncio ai pastori, insieme a una moltitudine di angeli che si unirono a loro in quel momento, lodò Dio dicendo: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». La pace è un particolare tipo di gioia. È una gioia mansueta, bianca e pacifica; ma non per questo è meno intensa di altri tipi di gioia. La lode degli angeli nasce quando diamo gloria a Dio con la nostra vita, al di sopra di ogni evento. In questo modo, i nostri sentimenti possono ricalcolare sempre il percorso; possono trovare un percorso di uscita verso la gioia, pur rimanendo esposti alle avversità. Chi celebra il Natale non può permettere che i propri sentimenti vadano senza meta, lungo la via dell’amarezza. La grande gioia della nascita di Gesù è un percorso di speranza, una via alternativa alla solitudine e alla tristezza, una strada luminosa che incontra Colui che è il sorriso del Padre, la Misericordia di Dio fattasi carezza sul mondo.