In occasione della festa di Ognissanti, insieme a Santa Teresa d’Avila impariamo la strada che conduce al pozza da cui attingere l’acqua viva.
Il desiderio di santità inizia a farsi strada con la sete di Dio, nello sforzo di chi comincia il cammino della preghiera uscendo da se stesso per andare al pozzo da cui attingere acqua viva.
Teresa d’Avila parla di quattro stadi. Il primo è questo, si fa molto sforzo per ristorarsi del poco che si ottiene tirando fuori il secchio. La preghiera è tutto il cammino verso il pozzo e tirare su il secchio. Il ristoro di quanto bevi è la consolazione del contatto mistico, l’unione con Dio che dura nella misura di ogni sorso.
Al secondo stadio, Teresa parla di un minimo investimento: una vita spirituale regolare nell’assistenza ai sacramenti, nel servizio al prossimo e nella preghiera costante con cui si costruisce la pompa idraulica. Lo sforzo è minore e l’acqua viva che si tira fuori dalla sorgente sotterranea del cuore di Dio è già più abbondante, comunque sempre nella misura della tua capacità di raccoglierla e contenerla.
Il terzo stadio implica una maggiore dedicazione data da una vita spirituale ardente, attenta a coltivare i fiori del giardino, le virtù umane. È la preghiera del cuore, un mulino che attinge dal torrente dello Spirito Santo un’abbondante quantità di acqua viva che si distribuisce attraverso i canali delle virtù teologali in tutto il giardino, la vita dell’anima. La preghiera continua, la vita di grazia inumidisce il terreno e trasmette alle sue radici la linfa che lo rende fecondo. Ogni genere di essere vivente viene a trovarvi riposo.
All’ultimo stadio, passivo e assolutamente indipendente dalla volontà e capacità umana, c’è l’acquazzone: quantità incontenibili di acqua viva effuse dallo Spirito Santo nel cuore umano inondato in modo improvviso dalla presenza di Dio. È la gratia sine causa di cui parla Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali.
Le vite dei santi sono caratterizzate dalla preghiera viva: piccoli sorsi continui, pompe sempre attive per sé e per gli altri, mulini che hanno reso fecondi ricchi giardini dell’animo umano nella storia della salvezza, vite mosse al servizio della Chiesa da acquazzoni di Spirito Santo che la rinnova nella storia.
I santi sono persone ordinarie che hanno coltivato la loro comunione con Dio in una vita nascosta e straordinaria. Alcuni hanno compiuto grandi opere di bene, tanti hanno compiuto una sola grande impresa: hanno amato e si sono lasciati amare al modo di Dio. La vita interiore, la ricerca della più intima relazione con Dio nella propria esistenza, configurata al suo modo di essere umano e agli insegnamenti della Chiesa di cui diviene trasparenza, espressione, fanno dei santi un segno di Dio, della sua presenza nel mondo. Li si riconosce nell’umiltà, nel silenzio, nel sapore evangelico delle parole e azioni, di una umanità così originale e allo stesso tempo simile a quella di Gesù.
I santi sono degli specchi per la nostra anima, ricordano alla coscienza della Chiesa che solo in una intima comunione con Dio ha senso essere umani. Non è uno stile di vita, ma un modo di essere. I santi sono persone configurate a Dio dall’interno, per questo se ne vedono pochi in giro.