La vita spirituale è segnata da due grandi tappe di formazione: quella del primo annuncio, vissuta attraverso il catechismo da bambini, e quella dell’esperienza di fede, cercata attraverso il desiderio interiore da adulti. Durante l’infanzia, i bambini ricevono l’annuncio del mistero di Cristo con i comandamenti, divieti e impegni per la vita di un buon cristiano. Per questo i comandamenti sono formulati in modo negativo, come le cose da non fare, perchè i bambini riconoscono l’autorità e il comportamento morale imposto. Sono educati nel rispetto, nella fiducia e nell’impegno personale. L’esperienza di fede poi matura con il tempo. Il divieto perde efficacia perchè entra in gioco la complessità della vita quotidiana. Gli adulti non riconoscono già la semplice autorità, messa sotto inchiesta dagli schemi culturali dominanti, ma l’autorevolezza dell’esempio personale, dell’autenticità personale, non soltanto della coerenza morale. Con la maturità anche la fede modifica i propri fondamenti, non tanto nel loro contenuto quanto nella loro espressione.
André Louf, monaco trappista, ci insegna che la fede vissuta come prassi, secondo codici e prescrizioni, fa dell’esperienza cristiana l’applicazione di una morale e dell’accompagnatore un moralista che risolve casi di coscienza. In realtà, l’esperienza cristiana distilla la dottrina in cui si esprime. È dall’esperienza che sgorga la dottrina, non il contrario. Senza un’esperienza spirituale propria, difficilmente la morale potrà produrre o promuovere una esperienza di vita reale. L’esperienza interiore della fede sgorga da una testimonianza que muove gli alltri. Non è testimone chi lo vuole, ma solo chi ha fatto esperienza di ciò di cui parla.
In età adulta, scopriamo che i comandamenti non sono divieti ma consigli, dieci parole come un paradigma che va coniugato nei modi, tempi e persone della propria esistenza personale. Formulati in modo positivo, rivelano la loro profondità per una coscienza adulta e un’esperienza spirituale matura. Non farsi immagini nè idoli è una chiamata alla libertà dalla condizione servile delle ideologie. Onora il padre e la madre ci chiama a prenderci cura dei genitori come fossero figli. Non uccidere è una chiamata a dare la vita, alla fecondità. Non rubare, una chiamata alla generosità, a donare ciò che si possiede. Non commettere adulterio è una chiamata alla fedeltà con se stessi, con gli altri e di conseguenza con Dio. Non dire falsa testimonianza è una chiamata a camminare nella verità. Non desiderare è una chiamata ad anelare solo e soltanto a ciò che porta a compimento se stessi, la propria vocazione.
La formazione nei contenuti della nostra fede è un cammino che comincia come un gioco da bambini, ma si fa una responsabilità in età adulta. Se la Chiesa ti sembra un apparato morale di divieti, pesi e catene che non hanno riscontro nella vita reale, non è la Chiesa il problema, perchè non è Dio quello con cui ti confronti. È un’idea di Dio, un’idea della Chiesa. Si tratta di maturare nella fede liberandosi dalla visione morale di un apparato dottrinale per confrontarsi con l’esperienza spirituale di un incontro reale e personale con Cristo.
Con affetto,
Padre T.