La passione per il gioco e l’abitudine a giocare si perdono nella notte dei tempi. Reperti archeologici, testimonianze iconografiche quali dipinti, graffiti, affreschi e fonti letterarie ci descrivono questa vera e propria esigenza dell’umanità.
I primi studi sistematici, più vicini a noi sulla necessità di giocare e sull’enorme potenzialità del gioco risalgono alla fine dell’800, anzi lungo quasi tutto quel secolo inizia a farsi strada, ad essere ammessa, tra gli studiosi , la valenza pedagogica, educativa del giocare.
Con molta fatica però gli educatori hanno cominciato a dimostrare un’adeguata comprensione del gioco infantile ed una piena consapevolezza del suo ruolo nel processo di crescita della persona. D’altra parte se pensiamo alla diffusa povertà, al diffuso analfabetismo si può ben capire, come l’attenzione di padri, madri, maestri all’inizio del ‘900 fosse orientata a risolvere ben altri problemi che riguardassero i bambini.
Il giocare ed i giocattoli appartenevano solo al mondo dei bambini privilegiati, dei bambini ricchi: gli altri dovevano crescere molto in fretta per lavorare, per portare le pecore al pascolo, per occuparsi dei fratellini più piccoli. Giocare significava perdere tempo e tempo da dedicare a queste esigenze dell’infanzia non ce n’era nella maggior parte delle famiglie , con il problema quotidiano di inventarsi che cosa portare a tavola a mezzogiorno e a sera.
Ora, ai giorni nostri, ci troviamo a fronteggiare tutta una serie di problematiche opposte, derivanti da una produzione senza limiti di giochi e di giocattoli, sempre più tecnologici e con una pressione incalzante della pubblicità che non ha scrupoli nel proporre prodotti di ogni tipo.
Spesso ci si illude di sostituire tempo ed attenzione da dedicare ai bambini, con un numero, ingestibile per loro, di giocattoli che poi vengono ammassati e in parte dimenticati, nei contenitori che abbondano nelle camerette dei bambini stessi.
Atteggiamenti contrastanti emergono nei confronti di chi inizia a frequentare la scuola dell’obbligo, quando si ascoltano frasi tipo: “non giocare, datti da fare”, “non perdere tempo a giocare”, “è finito il tempo di giocare!”. Anche tanti genitori che hanno ricevuto un certo tipo di educazione o che pensano di essere aggiornati nella loro capacità educativa, credono che dopo i sei anni, sia necessario considerare il tempo del gioco un tempo improduttivo, uno spreco di energie e di interessi che potrebbero essere incanalati altrove. Altri ancora ritengono l’inserimento del bambino nella scuola il termine del periodo magico del gioco e quindi temono questo cambiamento di vita e considerano il figlio una vittima dell’ordinamento scolastico.
Ma allora dobbiamo intenderci sul concetto di gioco!!! Cominciamo con l’affermare che il gioco riguarda anche l’adulto, quale pausa distensiva che interrompe l’attività lavorativa, quale impegno, hobby che permette di mettere a frutto potenzialità non coinvolte o mortificate nel proprio lavoro. L’ adulto quindi interrompe il lavoro e gioca.
Per il bambino il gioco è come il lavoro per l’adulto, nel senso che è una cosa seria, nella quale investe concentrazione, energie, fantasia: è l’impegno per eccellenza, l’occasione per lo sviluppo dei cinque sensi, per la stimolazione cerebrale. Per entrambi, piccoli e adulti, è fonte di piacere.
E ancora, per il bambino l’apprendimento passa attraverso l’attività ludica e lo si nota con una osservazione attenta anche nei confronti del neonato, della persona che sta attraversando quel periodo miracoloso dei primi anni di vita, quando il mondo è tutto da scoprire, da sperimentare, quando una curiosità insaziabile lo porta a toccare tutto, a rompere quello che gli capita tra le mani per vedere come è fatto…….magari davanti allo sguardo aggrottato o impotente dell’adulto che considera le cose, gli oggetti con parametri e modalità diverse.
Mentre propongo alla vostra attenzione queste considerazioni penso al l’espressione concentrata di alcuni bambini che ho conosciuto veramente, intenti con lo sguardo e con le manine a capire come fosse fatta una piccola scatola vuota, di cartone……Anche il buttare a terra oggetti dal seggiolone, in modo ripetuto, magari irritante per gli adulti presenti, è un gioco che fa crescere e che ha una sua giustificazione. Anche nell’impegno ludico si manifesta il modo autentico di operare e di essere della persona durante l’infanzia, che si esprime con spontaneità , disinteresse in un’attività che prepara al futuro, che favorisce lo sviluppo dell’intelligenza, dell’apprendimento, dell’esplorazione. Attraverso il gioco il bambino si struttura, si crea una sua immagine e trova una collocazione nel contesto in cui vive.
A questo punto il ludico acquista pari dignità rispetto ad ogni altro agire, ma senza il condizionamento di un risultato da ottenere, senza la frustrazione di un giudizio, senza il voto, senza la pagella, né alcun tipo di esame. L’attività in sé ha maggior valore dell’obiettivo perseguito o anche raggiunto. E’ attraverso questa esperienza positiva che la persona percepisce le proprie capacità, i propri limiti, il proprio relazionarsi con gli altri.
Ci sono tanti modi per giocare. Abbiamo definito il gioco come un’attività il cui fine, il cui scopo principale resta comunque il divertimento. Esistono: il giocare con i giocattoli, i giochi di movimento, i giochi imitativi, il gioco simbolico, il gioco del singolo e quello in gruppo in risposta alle esigenze di ogni tappa evolutiva che il bambino sta attraversando. I giocattoli sono un elemento di primaria importanza per favorire nel bambino i comportamenti di gioco. Il mercato offre una gamma inesauribile di possibilità dai sonagli del bebè in poi e il nostro compito alcune volte è arduo quando tentiamo di resistere a tante tentazioni e a tante insistenze del bambino che dispone di pochissime capacità di difesa e, sollecitato dalle infinite proposta a disposizione, vorrebbe acquistare tutto e subito. In realtà i giocattoli costituiscono veramente il suo mondo: sono l’estensione dei suoi sogni, sono l’occasione per esprimere sentimenti, fantasia, ingegnosità, paure, gioie, domande d’aiuto, richieste di attenzione.
Un osservatore attento , sia genitore che insegnante, dalle scelte del giocattolo e dal modo di utilizzarlo, può e deve capire molto di quel bambino che gli è vicino. Il gioco è veramente un modo di comunicare insostituibile. Quante cose si possono comprendere a scuola, della vita di una famiglia e quante cose si possono capire a casa, della vita scolastica e dei rapporti con docenti e compagni ,semplicemente attraverso l’ osservazione di un bambino mentre si concentra e si esprime durante il gioco,
Nella scelta dei giocattoli è indispensabile tener sempre conto di alcune caratteristiche quali la sicurezza, la possibilità di durata, il rumore che possono provocare, l’interesse che devono suscitare, l’adeguatezza che devono avere rispetto all’età del bambino e al suo temperamento. Essi devono procurare gratificazione e magari essere interattivi. Devono essere vari. I bambini non possono trovarsi tra le mani solo delle Barbi o solo dei muscolosi personaggi d’azione perché rischierebbero di crescere con un errato concetto di femminilità, di mascolinità e del mondo dell’adulto in generale.
Quando si acquistano dei giocattoli occorre pensare alle esigenze ed ai gusti dei bambini e non ai nostri. Occorre tener presente l’età, il sesso, le caratteristiche personali. Occorre accettare che ne venga fatto un uso diverso da quello descritto e previsto. E, ripeto, occorrono proposte diversificate. I bambini hanno bisogno di disporre di costruzioni, di macchinine, di incastri, di puzzles rapportati all’età, di palle e palline, di bambole, di soldatini. Ogni giocattolo gratifica in modo diverso e favorisce uno sviluppo in particolare.
Non dimentichiamoci poi di parlare dei libri quali fonti inesauribili di interesse per i bambini. Anche leggere, sfogliare, ascoltare le letture fatte dagli adulti è veramente fonte di divertimento. Se si desidera, ed è necessario, che il bambino cresca con una particolare passione per i libri, dobbiamo noi, mamme, papà, insegnanti farne uso quotidiano, in sostituzione di tanta televisione. Man mano che crescono, i bambini dovrebbero essere coinvolti negli acquisti di libri con tutto il piacere che si prova nell’entrare in una libreria a vedere, a scegliere. Scegliere insieme a noi e stimolati dai nostri consigli: i bambini ne hanno il diritto già nell’età della scuola dell’infanzia.
Dove e con chi giocare?
A scuola non esistono problemi né in un senso né nell’altro perché la vita di routine, le regole che scandiscono gli impegni quotidiani portano il bambino a godere delle migliori condizioni in questo senso. La vita scorre con i pari, in luoghi dedicati e con orari precisi.
A casa, anche se è l’ambiente più naturale, più rassicurante per il bambino spesso sorgono problemi diversi dovuti a necessità di orari, di organizzazione, di spazi, di priorità considerate irrinunciabili, di stanchezze e di comprensibile irritabilità. Ma i bambini hanno un concetto molto personale di ciò che ritengono più importante e sul fascino del gioco nessuno ha dubbi.
GENITORI: Nessun senso di colpa per il fatto di essere molto occupati! Poi, a casa, grande entusiasmo, generosità, senza rinunciare all’autorevolezza e all’esigenza, dedicando tutta l’attenzione possibile ai figli di qualsiasi età, stando insieme a loro! Gli orari impegnativi, la vita faticosa degli adulti, non devono incidere sulla vita dei bambini cui servono regole per mangiare, per dormire, per camminare, per lavarsi, per giocare.
Però ricordarsi che è indispensabile un grande rispetto verso il loro bisogno di comunicare con il gioco, con la parola. Gli adulti devono saper parlare con i bambini e saper ascoltare quello che essi desiderano trasmettere. Insisto sull’efficacia affettiva ed educativa di questo “gioco”.
Dedicare del tempo ad ascoltare i figli, lasciarli parlare, condividere le loro esperienze mentre sono piccoli, parlare molto con loro in casa e a passeggio. Parlare loro dei nonni, dei bisnonni, dei propri paesi di nascita. I bambini amano molto giocare sfogliando gli album fotografici di famiglia, riconoscendo la foto del bisnonno che pilotava gli aerei o che guidava il trattore per seminare o della zia che recitava in teatro….
Attraverso il gioco, il divertimento, diventa un piacere, una gioia conoscere le proprie radici e le proprie tradizioni. Non c’è niente di più rassicurante per l’equilibrio emotivo della persona, oltre al sentirsi amati. Giocare con i figli, dedicare loro del tempo: una fatica che vale la pena di fare.