P. Riccardo Garzari, L.C.
Responsabile “Formare apostoli Italia”
Il cristiano, e il Catechista è chiamato ad essere un discepolo di Cristo, qualcuno che si siede ai piedi del Maestro e lo ascolta. Qualcuno che vive assieme a Lui, che passa del tempo con Lui. E, imparando a conoscerlo, impara i Suoi criteri. Ecco una scoperta molto importante: il Catechista segue i criteri di Gesù, per quello si chiama cristiano. Sembra quasi scontato. Ma, se siamo onesti con noi stessi, sappiamo che i criteri di Gesù non ci vengono in maniera spontanea come prima risposta. Questo è il tema che approfondiremo la prossima volta.
Proviamo a illustrare quali sono le caratteristiche per essere un discepolo di Cristo.
Conoscerlo
Primo criterio di un Discepolo dev’essere conoscere il proprio Maestro. Altrimenti rischio di parlare di lui solo per sentito dire. Per conoscerlo bisogna frequentarlo. Dove posso trovare il Maestro Gesù? C’è un solo luogo dove lo puoi incontrare in ogni momento della tua giornata, senza dover andare in cerca di una chiesa: nella Bibbia. La Bibbia è la Parola di Dio, e, se noi abbiamo veramente FEDE che è Parola “di Dio” e non di uomini, allora troveremo Cristo presente e vivo. La Bibbia, infatti, non è un bel romanzo, non è un manuale di etica, ma è la Parola, il Verbo stesso e san Giovanni evangelista ci ricorda le parole di Gesù: Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli (Gv 8, 31). Giovanni non ci dice “se aprite la Bibbia” oppure “se leggete la Bibbia”, ma… “se RIMANETE”. Quanto rimaniamo con Gesù Parola, noi Catechisti, noi formatori delle anime dei bambini che Dio ci ha affidato? Quanto restiamo a meditare le sue parole di vita, quanto ci facciamo plasmare dai suoi criteri, che non sono i criteri con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, a contatto con il mondo?
Imitarlo
Secondo criterio di un discepolo dev’essere imitare il proprio Maestro. Facciamoci una domanda: tutti i credenti sono discepoli? Essere discepolo di Cristo non significa sapere molte cose, ma metterle in pratica. Infatti, sempre san Giovanni, questa volta in una sua lettera scrive: Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità (1 Gv 2, 4).
In realtà, non dovrebbe essere così difficile visto che da ragazzini tutti avevamo qualche “idolo” nel senso di qualche attore, cantante, campione sportivo, di cui avevamo il poster o la foto nel diario e di cui cercavamo di imitare le gesta o i movimenti. Ora che siamo adulti, e sappiamo quali sono le cose che veramente valgono nella vita, quali sono i valori più importanti, dovremmo appassionarci così tanto da farli nostri, da voler metterli in pratica. Caro/a catechista, tu rappresenti Cristo ovunque vai: scuola o università, lavoro, casa, piazza, palestra, etc.
San Paolo in una grande sequenza delle sue lettere ci parla della imitazione di Cristo che si fa vita:
1. Cristo vive in lui
“E non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2, 20).
2. Cristo vive in coloro che lo seguono
“La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini. È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani” (2 Cor 3, 2-3).
Trasmetterlo
Questa ultima citazione ci introduce al terzo criterio di un discepolo, che è trasmettere agli altri quello che tu hai ricevuto da Gesù Cristo quando sei rimasto/a con Lui, nella sua Parola e nella Eucaristia. Il Santo Padre Paolo VI ci ha esortati ad annunciare il Vangelo in un modo specifico, con la nostra vita: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni” (Evangelii Nuntiandi n. 41). Uno dei modi più semplici per essere testimoni, e quindi trasmettere la nostra esperienza di Cristo si può ricondurre al secondo criterio, cioè la imitazione di Cristo. Eh già, perché già imitando Cristo facciamo vedere che “non siamo noi che viviamo, ma Cristo vive in noi”, parafrasando la precedente frase di san Paolo. Questo non vuol dire ovviamente che dobbiamo andare in giro con la tunica e, per noi maschietti, farci crescere i capelli e la barba, né tanto meno vuol dire andare in giro a predicare nelle piazze mettendosi sopra un pulpito e usando un megafono per attirare l’attenzione. In un certo senso, anche questo ogni tanto non sarebbe male farlo, ma a noi catechisti serve un altro metodo. Gesù Cristo, a questo proposito, aveva un metodo ben preciso. Sarebbe bello spiegarlo ora, ma lo spazio a disposizione è quello che è. Lo spiegherò la prossima puntata. Dio vi benedica, grandi apostoli!