Nella nostra parrocchia ogni anno, al sabato delle Palme, si organizza una grande colletta alimentare. Giovani, adolescenti e adulti si mobilitano per passare di casa in casa a raccogliere sacchetti di generi alimentari che verranno usati, dalle suore della nostra Piccola Fraternità, per le famiglie bisognose.
Quest’anno, per la prima volta, abbiamo deciso di coinvolgere i nostri bambini nella preparazione della “sporta”, che durante la Quaresima viene consegnata ad ogni famiglia per essere restituita carica di alimenti.
E quindi abbiamo letto insieme la lista di alimenti suggeriti, abbiamo deciso quali comprare e ci siamo recati insieme al negozio, non dimenticando di prelevare qualche moneta anche dai salvadanai dei bambini, perché sentissero di partecipare in prima persona a quest’opera di carità.
Ne è nato un bel momento di condivisione e di riflessione. Per i bambini nulla mai scivola via inosservato ed ogni novità è occasione di domande e curiosità.
“Chi sono i poveri, mamma?” “Perché sono poveri?”
Fino ad arrivare alla riflessione del mio figlio maggiore, che se n’è uscito con un “A me i poveri piacciono tanto, perché Gesù ha detto che gli ultimi, cioè i poveri, saranno i primi!”.
E al commento del mio treenne che ha quindi concluso “Io da gaande voglio essee poveo!”
Non sono certa che i miei bimbi abbiano effettivamente capito la portata di ciò che abbiamo compiuto: attraverso un gesto così semplice come quello della “sporta” abbiamo messo in pratica la parola di Gesù che ci invita a “dar da mangiare agli affamati”.
Mentre li guardo insacchettare gli alimenti, mi sento però soddisfatta dell’entusiasmo e del clima di gioia che stanno sperimentando nel compiere questa opera di misericordia!
E mi accorgo invece di quante volte, nel compiere le opere di misericordia che quotidianamente, come mamma, sono chiamata a vivere (chi più di una mamma da’ da mangiare, da bere, veste…???), non so sperimentare la stessa gioia che vedo dipinta nel volto dei miei bimbi.
Tutta presa dai tanti doveri, e nella logorante frenesia della quotidianità, compio questi gesti di amore come un fossero un peso, invece di un’occasione di dedizione e di affetto.
Eppure, quanto vorrei che i miei figli crescessero rendendosi conto che donare è fonte di gioia, che essere cristiani non significa essere “seriosi” bensì spargere intorno a sé la stessa gioia che riceviamo da Gesù!
Più di tante preghiere, più di tanti discorsi, più di tante iniziative particolari, quello di cui hanno davvero bisogno i miei figli è del nostro quotidiano esempio, così come dice anche il Catechismo:
“I genitori hanno la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi” (CCC 2223).
Un sorriso donato, un’attenzione in più, un piccolo gesto compiuto con amore…sono la chiave per trasmettere ai miei bambini la gioia della fede.
In fondo, è la grande responsabilità dei piccoli gesti!