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La famiglia comunica la fede ai figli

17 Novembre 2015 in Dalla parte del bambino 0

I genitori sono collaboratori di Dio Creatore.

L’ educatore è la persona che “genera” in senso spirituale.

L’atto di educare può essere considerato un vero e proprio “apostolato”.

I genitori sono i principali educatori e condividono la loro missione educativa con altre persone ed istituzioni come la Chiesa e lo Stato (istruzione – socializzazione ), che agiscono in loro nome, con il loro consenso e su loro incarico.

Nell’ambito dell’educazione la Chiesa ha un ruolo specifico da svolgere. Non si tratta di affidarLe in toto l’educazione religioso-morale della Persona, ma di promuovere tutto il processo educativo insieme con la famiglia.

La famiglia è chiamata a svolgere il suo ruolo educativo nella Chiesa e la Chiesa desidera educare attraverso la famiglia stessa riconoscendole la “Grazia del proprio stato”. La famiglia è insostituibile per quanto riguarda l’educazione religiosa dei propri figli ed in questo senso diventa “Chiesa domestica”, un vero soggetto di evangelizzazione e di apostolato (da lettera alle famiglie di San Giovanni Paolo II).

Anche quando i genitori affidano l’educazione religioso- morale alle Istituzioni ecclesiastiche, alle scuole gestite da Religiosi è necessario che la loro presenza educativa continui ad essere costante e attiva.

“La Chiesa Domestica” è la realtà familiare che maggiormente assicura la felicità ai suoi membri perché produce armonia, comprensione, aiuto reciproco, generosità, allegria, pace, perdono in un clima di fede comune e di amore per Gesù Cristo.

Quasi sempre ormai è dimenticata, anzi ignorata in famiglia l’importanza di dare formazione cristiana ai figli, demandando il compito alle Parrocchie, alla scuole speciali, ai catechisti, agli educatori che sono importantissimi, ma complementari alla famiglia.

La catechesi in generale è la risposta al desiderio di conoscere ed amare Dio.

Questo percorso umano fa appello all’intelligenza del cuore ed a quella dello spirito e presuppone che “i catechisti” dentro e fuori la famiglia, siano contemporaneamente persone capaci di trasmettere i contenuti della conoscenza e siano testimoni credibili della fede e dell’amore di Dio.

Quello che si apprende in famiglia non si dimentica più!!!

Ricordo ancora molto bene le prime preghiere apprese in casa, l’Ave Maria detta in piedi prima di sedersi a tavola, il Rosario recitato la sera prima di andare a letto, che non avevo voglia di recitare, le preghiere della Messa in latino…

Oggi esiste una fortissima contraddizione tra la realtà della famiglia in sfacelo con tutte le proposte alternative di moda, e gli studi della psicologia e della pedagogia.

Questi studi affermano la necessità di un ambiente familiare unito, accogliente, protettivo, ricco di amore e di stimoli nei confronti dell’essere umano che arriva a questo mondo, per il suo equilibrio futuro, per la gioia di vivere, per la capacità di vivere che si rifletterà in relazione con gli altri. Mai come oggi la psicologia sociale ha affermato, attraverso studi approfonditi, il valore irrinunciabile del nucleo familiare per una sana maturazione psicologica della persona. Maturazione che si rifletterà sul tipo di società di cui saranno circondati i bambini.

Questi studi non hanno senz’altro motivazioni religiose o di difesa della dottrina della Chiesa: spesso ci si ritrova a domandarsi quanto siano capaci di ignorare tutto questo le famiglie educativamente assenti e come abbiano il coraggio di sottovalutare i bisogni dei propri figli. Quindi da una parte si riconosce l’importanza della famiglia e dall’altra si fa di tutto per distruggerla.

La Fede non si trasmette attraverso lezioni accademiche, anche se chiaramente esistono delle nozioni, delle Verità da apprendere, essa è soprattutto testimonianza di vita di un padre e di una madre. La Fede si assimila, si fa propria negli anni di crescita attraverso l’esempio delle persone più amate.

Per il bambino piccolo il bene ed il male coincidono con quello che fanno i genitori, le persone che più ispirano fiducia a questo mondo!

E chi meglio di loro può parlare ai bambini di Dio Padre, della Madre di Gesù e dell’amico Gesù e chi meglio può insegnare il perdono e ad essere generosi e chi meglio può far conoscere la famiglia di Nazareth o la parabola della pecorella smarrita a dei figli che non hanno ancora raggiunto l’età della pubertà o dell’adolescenza e stanno vivendo sino a dieci-undici anni un periodo d’oro per la sensibilità per tutto ciò che è trascendente? Nessuno, meglio dei genitori!

Anche quando sembra che i figli rifiutIno, sottovalutino la vita cristiana di mamma e papà, ne respirano la sostanza. Occorre perseverare, seminare, senza essere noiosi, senza prediche, ma in un’atmosfera di fiducia, di buon umore, di serenità. I genitori possono compiere errori, è impossibile credere il contrario, ma occorre riconoscerli, ammetterli, chiedere conseguentemente scusa. La figura di un genitore che si scusa con un figli per un errore, diventa un mito agli occhi del figlio e non perde autorevolezza.

A proposito di coerenza, il Vangelo in casa deve essere a portata di mano, deve essere letto ogni giorno (qualche riga), deve essere conosciuto dagli adulti perché lo possano far apprezzare ed amare dai figli. Anche la stampa cattolica, da leggere e commentare, non deve mancare e poi l’ascolto della catechesi del Papa, la preghiera insieme la sera e la mattina prima di uscire di casa, la santificazione della festa con la s.Messa cui partecipare tutti uniti.

I bambini devono essere rivalutati nella loro capacità di seguire la liturgia, se viene loro spiegata e si danno loro delle motivazioni. Troppo spesso si osservano bambini, anche di scuola dell’infanzia o in età di scuola primaria, che in chiesa al seguito dei genitori si comportano come se fossero allo stadio o al campo giochi perché NON SANNO!

Certamente non possiamo accompagnare i nostri bambini alla messa della domenica con il gruppo dei catechisti e poi abbandonarli perché noi mamme torniamo a casa a preparare la pasta al forno. Che genitori cristiani siamo se non partecipiamo alla vita cristiana dei nostri figli?

Pensate al piacere che può provare un bambino alla sera a tavola o al pranzo della Domenica, se i genitori dimostrano interesse per quello che ha imparato, per l’esperienza che ha vissuto insieme a degli amici e avverte nei genitori il desiderio di condividere affettivamente con lui questo percorso in preparazione non solo ai Sacramenti, ma alla vita.

L’amore “vero” paterno e materno aiuta il bambino che cresce, a credere e ad avere fiducia nell’amore paterno di Dio per lui.

La fede vissuta nella semplicità quotidiana della famiglia penetra sotto la pelle: Santa Teresa diceva alle sue suore che Dio si trova tra le pentole.

Ascoltare una mamma che è capace di dire “grazie a Dio” per una buona notizia, o “non ti arrabbiare, perdonalo” al papà che denuncia in famiglia un’ingiustizia subita sul lavoro, è edificante per un figlio più che un’omelia ascoltata in Chiesa.

In famiglia, dalla nascita alla morte si snoda tutta la vita con gioie e dolori ed è lì che è necessario leggere tutti gli avvenimenti alla luce della Fede.

Questa è la catechesi più viva ed efficace, è un’esperienza totalizzante che deve trovare riscontro negli insegnamenti del catechismo in Parrocchia. La Fede cristiana non è un insieme di verità slegate fra loro, tra le quali scegliere quelle che ci piacciono di più. E’ una visione globale coerente della vita, del mondo, degli affetti, degli altri e Dio centra con tutto: con il lavoro, con i divertimenti, con le vacanze, con la famiglia, con l’amore.

Quello che ho affermato sino ad ora presuppone situazioni familiari che abbiano ereditato una tradizione cristiana, qualche volte un po’ anemica, ma con il desiderio di crescere i figli nel timor di Dio.

Purtroppo è sotto gli occhi di tutti che oggi la società in generale vuole vivere senza Dio perché al suo posto ha messo altro e i bambini vengono trattati come animaletti da coccolare (normalmente vengono definiti cuccioli…..) finchè sono piccoli, per poi orientarli verso una vita in cui conta ciò che si ha piuttosto di ciò che si è.

Il nostro essere cristiani ci invita ad occuparci con molta delicatezza, prudenza e costanza di queste persone, di questi genitori che per ragioni varie abbiamo l’occasione di conoscere e di frequentare. Per il bene loro e dei loro figli devono essere accompagnati ed accolti in Parrocchia, almeno con il motivo della preparazione a ricevere i Sacramenti dell’iniziazione cristiana dei figli, che è cominciata con il Battesimo. Questa può essere l’occasione, che difficilmente si ripeterà ancora, per scoprire quello che non amano perchè non l’ hanno mai conosciuto.

Non si può amare quello e chi non si conosce.

La Chiesa con la pastorale decennale 2010-2020 “Come vivere la vita buona del Vangelo” si sta proprio occupando di educazione, di iniziazione cristiana nella e della famiglia attraverso la catechesi parrocchiale. I bambini soffrono per la dicotomia sempre più profonda tra quello che imparano a catechismo e ciò che sentono e vivono a casa loro. Arrivano a catechismo che non sanno fare il Segno della Croce, se non hanno frequentato la scuola dell’infanzia delle Suore, non hanno un’immagine sacra in casa, e frequentano in modo alterno il catechismo in attesa che tutto finisca e poi spariscono destinati ad una vita senza Dio e quindi infelice.

Noi cristiani ignoriamo molto della nostra religione: parliamo, agiamo, critichiamo sulla base di quello che sentiamo dire senza attingere alle fonti opportune, senza “istruirci” come per le varie discipline che in Italia prevedono diciotto anni di studio per un diploma di laurea.

I passaggi per coinvolgere e portare in Parrocchia i genitori più lontani possono essere diversi e graduali:

. accoglienza, conoscenza, simpatia, stima, amicizia

. persuasione dell’importanza dell’intervento educativo sui figli, prima delle sorprese dell’adolescenza

. conoscenza dei contenuti della nostra Fede da condividere con il figli che frequentano il catechismo

Ho terminato, ma non ho nessuna intenzione di concludere questa chiacchierata in negativo, pur essendo consapevole delle difficoltà.

Nella vita porto sempre con me un libro di catechismo che sulla copertina riporta questa frase: Gesù dice agli evangelizzatori: “I Vostri nomi sono scritti in cielo”

Dobbiamo ri-evangelizzare il mondo… cominciamo dai nostri vicini di casa, anzi dai familiari!

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